Football’s coming home (but the Cup is heading Rome)

Football’s coming home (but the Cup is heading Rome)

Quando si vince dopo 60 anni un Campionato Europeo, è abbastanza logico pensare che della tattica non interessi nulla a nessuno. Troppo forti la gioia, la soddisfazione, l’umano trasporto che fanno pensare che si è stati i più forti e lasciano poco spazio ad altre considerazioni.
E invece, per quanto in quanto dicono le cronache ci sia del vero, dietro i 120 minuti più rigori di Inghilterra-Italia c’è molto di più. Ci sono tre o forse quattro partite condensate in una sola, errori e scelte tattiche, cambi di strategia e scommesse azzardate, che hanno portato tutti a delle conseguenze, buone o meno buone.

Le formazioni
Alla lettura delle formazioni, le prime sorprese. Tutte inglesi, perchè l’Italia conferma l’undici vittorioso ai rigori contro la Spagna. Southgate invece gioca di fino e prepara un paio di mosse tattiche.
Anzitutto, cambia il modulo: da un 4-2-3-1 al più prudente 3-4-3 (prudente perchè in fase di non possesso diventa un 5-4-1 di quelli così snervanti che giocandoci contro è più facile prendere un esaurimento nervoso che segnare qualche gol).
Per cambiare modulo, Southgate toglie un’ala, Saka, e mette in campo dall’inizio un terzino, Trippier, adattando Walker a terzo centrale. Il sistema studiato ha due o tre scopi abbastanza chiari: anzitutto, con due centrali di spessore, è difficile per il centravanti di turno infilarsi in area sfruttando un errore dei marcatori. Poi la particolare interpretazione del luogo da parte di Kane che, come già fatto in semifinale, torna indietro verso la trequarti per fare da trequartista, apre la strada ai tagli centrali di Sterling, che Emerson non sempre riesce a contenere. C’è anche, inoltre, una linea di centrocampo assai difensiva (due mediani e due terzini schierati come laterali a tutta fascia) pensata per soffocare sul nascere le azioni azzurre.

Gol a freddo
Ma in realtà sull’analisi della partita, più che la tattica scelta da Southgate pesa quanto succede al 2′: Shaw recupera una palla sulla sua trequarti sinistra, la consegna a Rice e punta in avanti. Rice gira la palla verso il centro e da qui la sfera è trasmessa all’estrema destra dove Sterling ha un’autostrada perchè Emerson è (per scelta tattica) alto e tarda a chiudere. Il cross di Sterling cade verso il secondo palo, e qui, Di Lorenzo ha un dilemma: al centro Kane è stretto fra Chiellini e Bonucci, ma da dietro arriva Mount. Il dilemma è: tenere la zona sperando che Chiellini e Bonucci assorbano la percussione dell’inglese, o stringere per dare superiorità numerica? Di Lorenzo stringe, e sbaglia perchè dimentica che dalla sua parte sta arrivando Shaw, che chiude l’azione che ha iniziato e sul cross di Sterling si presenta nella posizione migliore infilando Donnarumma di controbalzo.

Il gol a freddo galvanizza gli inglesi e lascia frastornati i nostri. Il primo tempo è tutto una grande sofferenza, interrotta di tanto in tanto solo da un paio di assoli di Chiesa. Per il resto i padroni di casa ci sovrastano sulle fasce e ci soffocano al centro, dove Rice domina la mediana. Verratti e Jorginho soffrono le attitudini difensive della mediana avversaria e non hanno molto aiuto da parte di Barella, che sembra molto stanco. A tratti sembra di veder giocare degli adulti contro dei bambini. Soprattutto sulla nostra trequarti offensiva, dove Immobile, stretto fra Maguire, Walker e Stones, non la prende mai. Francamente a fine primo tempo, i britannici sembrano molto più forti di noi e la sensazione è che raddrizzarla non sarà facile.

Il falso 9
Nella ripresa però la musica cambia. Mancini ha una bella intuizione: poichè gli inglesi hanno tre marcatori puri (e per inciso stanno dando una interpretazione molto british del vecchio catenaccio), tanto vale togliere loro i punti di riferimento.
Togliendo Immobile per Berardi il tecnico ottiene due risultati: anzitutto restituisce vitalità alla linea offensiva, e poi con Insigne che da falso centravanti esce spesso dall’area rimpolpa anche il centrocampo e permette agli esterni azzurri di trovare nuovi spazi. Quelli offensivi, possono tagliare più facilmente al centro, mentre i due laterali difensivi possono partire più larghi e hanno corridoi da percorrere per arrivare al cross. L’innesto di Cristante per Barella dà invece più fisicità alla mediana.
L’Italia prende campo e prende in mano le redini del gioco. Chiesa a tratti è imprendibile. Gli inglesi difendono a denti stretti, un paio di volte possono dirsi fortunati, in altre due occasioni li salva un ottimo Pickford, ma alla fine capitolano su una azione d’angolo piuttosto caotica, in cui la palla schizza verso il secondo palo. Chiellini non ci arriva, affondato dal suo marcatore, Verratti, il più piccolo in campo, colpisce di testa, Pickford è superlativo a cavarsela con una parata che manda la palla sul palo, ma sul rimbalzo il più lesto è l’altro centrale italiano, Bonucci, che fissa l’1-1.

Novanta minuti e poi supplementari
Ora può vincere chiunque: per una decina di minuti ancora l’Italia è padrona del campo e l’Inghilterra si schiaccia e appare disorientata. Southgate ci pensa un po’, poi verso la fine del tempo toglie Rice, dominatore del centrocampo ma ormai esausto, e al suo posto mette Jordan Henderson, uno che ha visto mille e più battaglie, E infatti, grazie anche alla stanchezza che serpeggia nelle fila azzurre, la partita ritrova un certo equilibrio. Chiesa purtroppo deve uscire, con una caviglia che non lo regge più. Soffriamo, ma dopo il proverbiale assalto inglese nei minuti che precedono il 90°, riusciamo a gestire la gara durante due supplementari non troppo emozionanti.
A una manciata di minuti dalla fine dei supplementari, Southgate si gioca due rigoristi, Rashford e Sancho, e saranno loro a sbagliare i tiri decisivi. Forse perchè ancora “freddi” (e qui la rimessa laterale battuta velocemente da Jorginho che ritarda il cambio di un paio di minuti facendo arrabbiare l’allenatore inglese può essere stata un fattore), oppure per la pressione del momento (e al riguardo, parlando di Sancho, viene da dire che far tirare un rigore di una finale europea a un 2002 è abbastanza azzardato).
Fatto sta che ancora una volta vince la squadra che ha il portiere migliore. E siamo noi.

Conclusioni
C’è poco da aggiungere, se non che la vittoria è pienamente meritata per quello che è stato il torneo nel suo complesso: l’Italia a tratti ha mostrato il miglior gioco dell’Europeo, ha saputo far fronte all’infortunio di uno dei suoi giocatori migliori, Spinazzola, ha dato dimostrazione di saper soffrire, contro la Spagna e ancora in finale contro gli inglesi, e ha costretto quasi tutte le altre squadre (unica eccezione l’Austria) a snaturare il loro gioco per cercare di contrastarci. Giusto riconoscere a Mancini quello che è suo: ha preso una squadra dalle macerie lasciate daVentura e del fallimento mondiale, le ha dato un’identità e ha creduto nei giovani senza buttare a mare gli anziani.
Forse l’Inghilterra, che è un gruppo interamente giovane, ha più prospettive di noi. Ma questa nazionale, se saprà trovare un valido sostituto per Chiellini e se troverà per strada un centravanti di livello europeo, può darci in futuro altre soddisfazioni.

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Massimo Prosperi

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