Danimarca ko, Inghilterra in finale: delirio a Wembley

Danimarca ko, Inghilterra in finale: delirio a Wembley

Nessuna sorpresa: sarà l’Inghilterra ad affrontare sul mitico prato di Wembley l’Italia nell’ultimo atto di questo Europeo dispari, che non ha certo lesinato le sorprese, ma che tutto sommato ha scelto, nel tabellone uscito dai gironi, la soluzione più ovvia, mettendo di fronte la squadra dalla manovra più spettacolare, l’Italia, e quella dalla difesa più solida. L’Inghilterra, appunto.
Ma per gli inglesi, aver ragione della Danimarca non è stato nè facile nè immediato. Ci sono voluti 120 minuti, il ricorso ai talenti presenti in panchina, e un po’, anzi, a pensarci bene, un bel po’, di buona sorte.

Schieramenti e strategie
La Danimarca va in campo col suo classico 3-4-3, che in realtà è quasi un 5-4-1 perchè gli esterni Stryger Larsen e Maehle giocano molto bassi, anche se l’atalantino ribalta spesso il fronte quando il possesso cambia. In mezzo Delaney fa diga su Mount e Hojberg svolge un ruolo di raccordo. In avanti, con Breithwaite che è più impegnato a rincorrere Shaw che ad appoggiare, restano Dollberg in posizione centrale e Damsgaard fra le linee qualche metro alle sue spalle. Proprio la posizione del doriano per una buona mezzora sarà un rebus di difficile soluzione per la difesa inglese.
Le azioni dei danesi passano tutti dal suo piede, trovando improvvise accelerazioni, appoggi sulla corsia da parte di Breithwaite, e ottimi tagli di Dollberg.
L’Inghilterra da parte sua resta fedele alla difesa a 4, con un 4-2-3-1 dove Rice è la sentinella davanti all’area, al suo fianco Phillips si occupa invece di raccordare i reparti, con frequenti puntate in avanti.
La posizione più particolare è quella di Mount, che gioca più arretrato del solito, andando a cercare palla a centrocampo, ma riducendo decisamente i rifornimenti per l’attacco.
In avanti, Kane è centravanti di manovra, che torna spesso fino alla linea di metà campo, sulla destra Saka ha l’ordine di puntare il più possibile, ma restando in fascia, mentre sulla sinistra Sterling, che sembra tarantolato, è per lunghi tratti della partita il giocatore più avanzato della nazionale inglese.

La Danimarca tiene botta
L’ottimo lavoro di preparazione tattica del match da parte dell’allenatore danese esce fuori quasi subito, appena dopo l’immancabile sfuriata iniziale inglese. Mount non riesce a giocare, sballottato fra Delaney e Hojberg, e dopo un quarto d’ora abbassa la sua posizione per giocare qualche pallone in più, ma questa scelta finisce col lasciare i tre d’attacco senza rifornimenti.
L’Inghilterra si innervosisce e perde la presa sulla partita. La Danimarca, che è molto corta, prende coraggio, ribalta il fronte velocemente grazie alla rapidità e alla resistenza di Braithwaite e all’inventiva di Damsgaard, sempre più leader tecnico dei nordici. Proprio Damsgaard, con una punizione millimetrica, segna il gol che zittisce Wembley e porta avanti i suoi alla mezzora, anche grazie alla complicità di Pickford, francamente apparso un portiere al di sotto della media dei compagni.

L’Inghilterra ha il merito di non disunirsi e raddoppia gli sforzi
In particolare Sterling è una spina nel fianco di Christensen e Stryger Larsen, e per tutta la sera sarà incontenibile. Merito delle sue capacità tecniche, ma anche dei movimenti di Kane che, retrocedendo verso il centrocampo, libera l’area per i tagli proprio di Sterling. Proprio a seguito di uno di questi tagli, Sterling si trova in posizione ideale per battere in rete a porta vuota e riportare tutti in parità, e se non scrive il suo nome nel tabellino marcatori è solo perchè Kjaer, per anticiparlo alla disperata, finisce con il buttare personalmente il cuoio in fondo alla propria rete: 1-1.
Scampato il pericolo, l’Inghilterra riordina le idee nell’intervallo: serra le fila e riesce a togliersi di dosso le paure che l’avevano attanagliata. Southgate inserisce Grealish (che giocherà però in modo troppo discontinuo) e soprattutto con le avanzate di Maguire, che sui calci piazzati appare immarcabile nello stacco aereo.
La Danimarca dal canto suo è perfettamente consapevole che per fare risultato contro una Inghilterra più forte di noi è necessario correre molto. I giocatori eseguono le istruzioni fino a che hanno fiato, ma i cambi sono quelli che sono e col passare dei minuti la squadra cede progressivamente metri.
Verso la fine dei tempi regolamentari, Southgate alza ulteriormente il livello tecnico della squadra inserendo anche Foden, e dalla combinazione fra questi due fattori, nei supplementari si gioca a una porta sola, fino al discutibile penalty che porta al gol di Kane. Il centravanti prima fallisce un rigore, poi riprende e insacca la corta respinta di Schmeichel. Sulla legittimità del rigore restano dei dubbi, ma onestamente l’Inghilterra stava meritando.

Conclusioni
Mentre Wembley canta all’unisono in preda al delirio di chi sogna il primo trofeo dopo 55 anni, l’Inghilterra si conferma squadra forte e con eccellenti margini di miglioramento (età media: 25,3 anni), ma per la prima volta, pur vincendo con merito, ha forse rivelato anche i suoi limiti: la scarsa penetrazione offensiva in primis, ma anche la cronica mancanza di un portiere che dia sicurezza alla squadra ed una certa fragilità nervosa
Quel che è certo è che nella finale di domenica saranno di fronte due squadre che giocano in modo completamente diverso fra di loro, e questo normalmente è un fatto che favorisce lo spettacolo. Inoltre, entrambe le nazionali hanno deciso di abbandonare lo stile di gioco loro tradizionale (o almeno definito come tale. Si pensi al catenaccio italiano…).
Per l’Italia, in vista della finale, ci sono due problemi principali da affrontare: il primo riguarda la gestione di Kane e, soprattutto, di Sterling: serve un elemento in grado di seguirlo anche nei suoi numerosi tagli per il campo senza però uscire dalla partita.
Il secondo problema riguarda invece la gestione delle energie, anche alla luce della partita contro gli spagnoli, assai tirata sia sul piano atletico che su quello nervoso.
Anche l’Inghilterra però ha fatto ricorso ai supplementari, e per giunta ha giocato un giorno dopo di noi: batterci non sarà facile. E sarà bello vedere se davvero “Football is coming home” oppure se “Football is coming Rome”...

 

Massimo Prosperi

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