Italia-Austria: finisce come nel ’15-’18
Abbiamo vinto. Ma abbiamo rischiato molto.
Le previsioni di chi pensava che l’Italia non avrebbe avuto troppe difficoltà a regolare l’Austria sono state smentite in maniera decisa e abbastanza clamorosa: gli azzurri infatti non soltanto hanno avuto bisogno dei supplementari per piegare la resistenza della formazione di Franco Foda (che si è confermato tecnico astuto e preparato), ma possono anche ringraziare la buona sorte per aver guardato dalla loro parte nei momenti decisivi del match.
Tattiche di partenza
Mancini mantiene sostanzialmente invariato l’assetto visto nelle prime tre partite. Uniche modifiche, Acerbi centrale per l’indisponibile Chiellini e Verratti (che peraltro è il teorico titolare in quella posizione) al posto di Locatelli accanto a Jorginho, nel tentativo forse di sfruttare la maggiore tecnica di palleggio rispetto agli avversari. In avanti, fiducia al tridente Insigne-Immobile-Berardi, con movimenti sostanzialmente identici alle prime uscite, e il supporto a sinistra di Spinazzola, ancora una volta schierato molto alto.
Nell’Austria, Foda schiera un 4-3-2-1 molto fluido, con tanta libertà di avanzare per tutti i giocatori ad eccezione di Dragovic, estremo baluardo davanti a Bachmann. La parte interessante però è in avanti, dove il tecnico austriaco mette Arnautovic a fare il fulcro avanzato del gioco, col compito di giocare di sponda per mandare al tiro i compagni, e alle spalle del centravanti piazza, per questo scopo, due trequartisti: Sabitzer e Baumgartner. Questa è una mossa che sin dall’inizio ci crea parecchi problemi: con Acerbi su Arnautovic e Bonucci che sin dall’inizio assorbe le avanzate di Sabitzer, resta abbastanza privo di marcatura Baumgartner, che solo a tratti finisce nella zona di Di Lorenzo. Quando invece si mantiene centrale, a assorbire il movimento dovrebbe essere Barella, che però ha già il suo daffare per tamponare, insieme allo stesso Di Lorenzo, le discese di Alaba. Ne deriva che la difesa azzurra, sulla trequarti, è spesso presa in mezzo. Per fortuna la velocità degli esterni e la precisione nelle diagonali aiuteranno a limitare i problemi per tutto il primo tempo.
Primo Tempo
Il primo tempo è sostanzialmente equilibrato, ma sono gli azzurri a far vedere le cose migliori, con un bel fraseggio che manda al tiro Barella al 17° salvato da Bachmann di piede e con una conclusione da fuori di Immobile al 32° che si infrange sull’incrocio dei pali. Dall’altra parte, Donnarumma non deve intervenire se non con qualche uscita, ma sulle folate degli austriaci, che giocano alti e pressano a tutto campo, la manovra italiana non nasce quasi mai limpida e lineare.
Secondo Tempo
Con l’inizio del secondo tempo, la tattica passa in secondo piano rispetto all’emotività. L’Austria, facendo leva su giocatori con maggiore esperienza internazionale, prende in mano il gioco, e mette a nudo le insicurezze e le paure dell’Italia che, piena di giocatori al loro primo grande torneo internazionale, non riesce a tener fede al proprio ruolo di squadra favorita e comincia a sbagliare troppo e a perdere le distanze. Berardi esce dalla partita, cancellato da Alaba, ma anche Immobile si avvita in una serie di errori, e a centrocampo, Verratti cala di tono mentre Barella, ammonito, non può più far valere fino in fondo la sua vigoria.
Gli austriaci costruiscono la loro supremazia territoriale giocando stretti e attaccando per vie centrali, con i soli Alaba e Lainer a sostenere la manovra sulle corsie. L’Italia forse avrebbe gli spazi per contrattaccare sulle fasce, con opportuni cambi di gioco, ma il centrocampo non riesce praticamente mai a cambiare fronte con velocità.
A centrocampo, Grillitsch sale in cattedra approfittando della condizione ancora imperfetta di Verratti, che non riesce a pressarlo, mentre le frequenti discese di Lainer sulla destra danno altra linfa agli austriaci, che si fanno vedere sempre più spesso dalle parti di Donnarumma. E al 65° passano in vantaggio: dalla sinistra Alaba in proiezione avanzata fa da torre per Arnautovic che piazza palla sotto la traversa.
La fortuna salva l’Italia, perché Arnautovic è in millimetrico fuorigioco e il gol viene annullato.
Mancini capisce che a centrocampo si sono persi troppi metri e cambia Barella e Verratti inserendo Locatelli e Pessina. Ma i problemi dell’Italia sono più mentali che fisici: al 74° un altro misericordioso fuorigioco evita un probabile rigore per l’Austria dopo che Pessina aveva affossato Lainer in mischia.
Il doppio cambio decisivo
A cinque minuti dalla fine dei tempi regolamentari, Mancini azzecca il cambio che si rivelerà decisivo: dentro Chiesa e Belotti, fuori Berardi e Immobile. L’Italia compie un salto di qualità sul piano del temperamento, prima ancora che su quello tecnico e fisico.
Supplementari
L’importanza della presenza di Chiesa e Belotti, due elementi che non hanno paura del contatto fisico e anzi cercano con insistenza il pressing e il contatto con gli avversari, emerge in tutta la sua evidenza
Non è un caso che il gol dell’1-0 arrivi proprio dal nuovo arrivato Chiesa, che al 96° su un cross di Spinazzola (buona la sua partita, ma buona anche la marcatura su di lui di Lainer, che è spesso riuscito a limitarlo) arriva sul secondo palo, sposta la palla sul sinistro e insacca l’1-0.
Pochi minuti dopo arriva anche il raddoppio di Pessina, che al 104° sfrutta una accanita difesa del pallone di Acerbi e batte ancora Bachmann in diagonale.
La mossa della disperazione
L’Austria a questo punto sembra battuta. Foda sa che al 90% ha perso la partita e fa l’unica cosa che può ancora fare: dentro il perticone Kalaidzic al posto di Arnautovic, e dentro tutti gli uomini a disposizione che superano i 185cm di altezza. Nell’ultimo quarto d’ora è un’Austria molto fisica, che gioca tutto sul lancio lungo, puntando sulle sponde di Kalaidzic e sulle incursioni degli altri giocatori.
L’Italia non è squadra ricca di centimetri, e subisce l’urto: le seconde palle sono tutte degli austriaci, e buon per noi che una super parata di Donnarumma su un gran tiro di Schaub (uno dei nuovi entrati) rinvia la capitolazione. Poi Sabitzer sparacchia a lato da buona posizione, ma quando al 114° Kalaidzic, di testa, infila l’angolino basso su azione da calcio piazzato, si capisce che i sei minuti che mancano saranno molto, molto lunghi da far passare.
L’Italia soffre, sfiora anche la terza rete in contropiede con Chiesa, ma rischia almeno due volte di subire il gol del pari che la porterebbe a degli imprevedibili rigori.
Il triplice fischio è accolto dagli azzurri con particolare sollievo e soddisfazione. Come nel ’15-18 alla fine siamo riusciti a battere l’Austria. Ma abbiamo rischiato seriamente di perdere.
Con dei supplementari nelle gambe e qualche certezza in meno nella testa (una su tutte: il calo del secondo tempo era solo nervoso, o anche fisico?), ma anche con un maggiore consapevolezza della capacità di gestire e superare momenti difficili, attendiamo Belgio o Portogallo nei Quarti: stavolta non saremo noi i favoriti, e tutto sommato, per una nazionale “nuova” come questa, è meglio così.