Macedonia del Nord: quando la Nazionale unisce un popolo
Alla fine, è stata tutta una cosa “italiana”. L’idea ispirata del napoletano Elmas, la preziosa rifinitura dell’udinese Nestorovski e il gol decisivo, e di chi altri sennò, del 37enne genoano Goran Pandev, il giocatore più rappresentativo dei Leoni Rossi.
Con questo gol la Macedonia del Nord si è qualificata agli Europei per la prima volta nella sua storia, estromettendo la Georgia.
Un traguardo storico, che è il miglior modo per festeggiare i trent’anni dall’indipendenza dalla ex Jugoslavia (datata settembre 1991). Anche se poi, il nome Macedonia del Nord è ufficiale da soli due anni, quando si è deciso di dare il contentino alla Grecia, che sostiene che l’unica vera Macedonia sia la sua, quella al confine sud della nazione balcanica.
In mezzo, dopo la guerra civile jugoslava (che per dire la verità dalle parti di Skopje non hanno particolarmente patito) c’è stato anche il conflitto con il Kosovo, che portò migliaia di rifugiati nel Paese dando vita a tensioni etniche che ancora oggi sono pericolose braci sotto la cenere.
Il calcio, come sempre, è qualcosa che accompagna la storia ufficiale, la arricchisce, la impreziosisce. La nazionale macedone è stata costituita nel 1993 (13 ottobre, prima partita a Kranij, contro la Slovenia e vittoria per 3-1, ma la partita non è ufficiale perchè la Macedonia (non ancora del Nord) non era affiliata FIFA). L’affiliazione arriva nel 1994. Uomo simbolo di quella nazionale era un altro volto noto ai tifosi italiani: Darko Pancev, il “ramarro” passato dall’Inter, dove è stato più famoso per la sua forte idea di se stesso che per le prodezze in campo. Memorabile la sua frase “Tifosi tristi? Io felice. Io comprato Ferrari. Tifosi fischiano? Io compro Ferrari. Altra Ferrari“. La cosa incredibile è che questo signore, una volta, aveva quasi vinto un Pallone d’Oro.
Da Pancev a Pandev. La differenza contenuta in quella lettera è quasi abissale. Un giocatore senza tempo e senza età, che ha prolungato la sua carriera proprio con l’obiettivo di portare finalmente la sua Nazionale a giocare la fase finale di una qualche competizione ufficiale. Uno che aveva solo 8 anni quando la Jugoslavia era andata in pezzi, trascinando un’intera regione e tanti popoli verso anni difficili, e costringendo tanta gente a ripartire da zero per cercare di costruire una nuova realtà.
“Sono felice, abbiamo vinto per il nostro popolo e per tutti noi. Il sogno che avevamo è diventato realtà. Abbiamo un gruppo giovane, i ragazzi sono forti e hanno un futuro. prima della partita ho parlato con la squadra e ho detto loro di stare calmi. Alla fine abbiamo vinto, sono entusiasta”.
Queste le parole di Darko, vero capitano, dopo la vittoria di Tbilisi.
E in effetti la Macedonia del Nord è una squadra giovane, che con la sua composizione rappresenta splendidamente la complessità del Paese, e quindi può essere un mezzo per unirlo.
Intorno a Pandev, un insieme di giocatori appartenenti a diverse comunità. Partiamo dalla difesa, dove due dei tre titolari sono di origini albanesi: Visar Musliu e Egzon Bejtulai, sono cresciuti tutti e due nello Shkëndija, la squadra di Tetovo, a due passi dal confine con il Kosovo, la squadra che in Macedonia rappresenta la comunità albanese, quasi una sorta di piccola nazionale.
Come loro, è di origine albanese anche Enis Bardhi, estroso centrocampista del Levante, che per fantasia e doti tecniche è forse il più forte giocatore della rosa dopo Pandev. Classe 1995, Bardhi è cresciuto nello Skhupi (una squadra di Skopje che raccoglie molti giocatori di origine albanese) e che veramente aveva espresso la sua preferenza per la nazionale albanese, che però non lo ha mai chiamato.
Altro elemento di classe è Eljif Elmas, del Napoli, ex Stella Rossa, nato a Skokpje e di etnia turca (i turchi sono il 2,8% della popolazione macedone). La sua storia è l’esatto contrario di quella di Bardhi: nel 2017 al suo telefono era arrivata una chiamata nientemeno che dell’Imperatore, Fatih Terim. All’epoca Terim era ct della Turchia, e lo aveva invitato a vestire la casacca degli ottomani. Elmas però aveva rifiutato: “Mi sento macedone”.
In attacco, ad affiancare Pandev, ecco Ilija Nestorovski, un altro che da anni è in Italia. Prima punta classica, che al pari di Pandev rappresenta pienamente la matrice slava della società macedone. Possiamo aggiungere che anche sul piano della religione, in squadra c’è un po’ di tutto: ci sono i cristiani, gli ortodossi, i musulmani. Una Nazionale che, insomma, è un bel biglietto da visita per la linea politica del primo ministro Zoran Zaev, fondata su un sistema di governo condiviso fra le maggiori etnie e improntata alla costruzione di una comunità che possa unire le varie anime del paese, e magari guardare un domani a un ingresso in Europa.
Molto c’è ancora da fare (e lo dimostra il fatto che al fischio finale della partita di Tbilisi i telecronisti della tv nazionale hanno dedicato la vittoria “ai nemici della Macedonia“, ma anche a tutti i “cristiani ortodossi, macedoni, albanesi e turchi che giocano per questa squadra” e che “devono proteggere il nostro Paese”. Ma la qualificazione agli Europei è una bella occasione per i macedoni di ritrovarsi tutti uniti a tifare una squadra che li rappresenta tutti e che sembra avere un notevole potenziale.
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