17 aprile 1914: Impero Ottomano-Romania

Siamo nella mattinata del 15 aprile 1914, e a Costantinopoli (che si chiama ancora così), nel porto di Galata, è appena arrivato un bastimento. Si chiama “Romania”, arriva da Costanza, e ha attraversato il Mar Nero con a bordo un carico molto particolare: la prima nazionale di calcio della Romania, che due giorni dopo, allo Union Club Stadium [ndr lo stadio è ancora in piedi, oggi si chiama Șükru Saracoğlu e all’epoca era usato da praticamente tutte le squadre di Istanbul] affronterà in amichevole la selezione dell’Impero Ottomano.
In quegli stessi Balcani che pochi mesi dopo saranno teatro della scintilla che metterà fine alla Belle Epoque e a una idea d’Europa pacificata che era durata per un intero secolo, quella è molto più di una partita: è un momento storico nelle relazioni fra i due Paesi, e nella storia dello sport locale, specialmente quello romeno.
Gli Ottomani calcisticamente sono un po’ più avanti. Costantinopoli è crocevia di traffici e il “football” è arrivato già da qualche anno, con le navi inglesi. Ma quando il “Romania” attracca e dalla passerella scendono i primi calciatori, i turchi restano sorpresi. “Siete voi, la squadra nazionale romena?”, chiedono in francese ai 16 giovanotti appena giunti a terra? Si sentono rispondere “Yes”.
Romeni o giù di lì
I calciatori “romeni”, in effetti, si chiamano Wilde, Köning, Chambers, Hense Jr., Clive e così via. Hanno tutti radici tedesche, inglesi o nordamericane e lavorano quasi tutti nel settore petrolifero e tessile che si è sviluppato attorno alle città di Bucarest e Ploiesti. È qui che in Romania si è sviluppato il calcio, e si sono costituite le prime squadre. Una Associazione delle Società Atletiche Romene (l’embrione della Federazione) è nata nell’ottobre 1909 e quasi subito si era cercato di dare vita a una selezione nazionale in grado di rappresentare il calcio romeno e il Paese… insomma, di portare la Romania sulla mappa del calcio. Una prima rappresentativa, denominata Selezione ASAR (acronimo dell’Associazione) aveva sfidato nel dicembre del 1909 la squadra dell’Accademia di Commercio di Cluj, perdendo per 5-4. Romeni in campo? Uno. Con il Cluj. Tutti gli altri, da una parte e dall’altra, erano ungheresi, tedeschi, inglesi o apolidi ebrei.
La selezione ASAR non è proprio un team affiatato. Gioca altre sei partite, contro selezioni regionali o rappresentative di Bucarest, e le perde tutte, e nelle varie città romene sedi delle partite (Cluj, Timişoara, Arad), dove per veder giocare la “nazionale” si raduna un pubblico discreto per quei giorni pionieristici, molti restano delusi quando capiscono che i giocatori romeni in realtà parlano inglese, tedesco o addirittura olandese. Il massimo della delusione si tocca nel 1913 a Timişoara quando finalmente l’ASAR ottiene la prima vittoria, battendo il TAC (Temesvár Athletic Club) per 3-1, e il sindaco della città si congratula coi giocatori della nazionale in romeno… salvo accorgersi che quelli non stanno capendo una parola del suo discorso. Gli undici nazionali “romeni”, in effetti, sono 9 inglesi e 2 tedeschi.
È un vero e proprio incidente diplomatico, che ha conseguenze serie: a Timişoara, dove si stava costituendo un team locale di giocatori romeni, l’entusiasmo viene meno e la squadra si scioglie senza mai essersi affiliata[1]. Insomma: lo sviluppo stesso del calcio in Romania segna il passo. Serve qualcosa per rilanciarlo o si rischia che il movimento muoia.
L’invito
L’occasione giusta arriva all’inizio del 1914. Alla sede dell’ASAR arriva una lettera di invito dal Galatasaray. Il club giallorosso nel 1911 nel corso di un viaggio a Bucarest aveva giocato contro una selezione cittadina, sconfiggendola 11-1. Ora, a nome della Federazione Ottomana, invita una selezione romena nell’Impero per giocare una gara fra nazionali, affrontando una selezione ottomana.
Non poteva esserci occasione migliore per rilanciare il calcio romeno! L’ASAR si mette al lavoro e ordina a James P.Clive, terzino (attenzione: in Romania si gioca ancora il modulo pre-Cambridge, una sorta di 2-2-6, e si tratta in realtà di un difensore centrale) del Colentina, di individuare i giocatori che comporranno la selezione. Che si chiamerà, per la prima volta, Romania.
Clive ci si mette d’impegno. Coinvolge, oltre a se stesso, altri 16 calciatori, tutti provenienti da tre club: il Colentina AC Bucarest (dove gioca lui), il Bukarester FC, e l’United Ploieşti. I giocatori sono autorizzati, se vogliono, a portare con sé un familiare. Quattro portano la moglie, due si fanno accompagnare da una sorella. In tutto, compresi i diplomatici, l’intera delegazione conta poco più di 20 persone.
La vigilia

Il viaggio da Costanza a Costantinopoli dura 12 ore e l’arrivo avviene in pompa magna. Sulla banchina di Galata ad attendere gli ospiti c’è una corposa delegazione di dignitari, politici e funzionari. Per l’Impero Ottomano, che desiderava stringere i rapporti diplomatici con la vicina Romania, era un’occasione da non perdere e i turchi si dimostrarono ospiti eccezionali, offrendo alla squadra romena un memorabile soggiorno tutto compreso.
Dopo due cene, innumerevoli the, visite a moschee, musei e parchi, la giornata del 16 aprile passò in un lampo e il giorno successivo, venerdì 17 alle 15, giunse finalmente il momento della partita.
La nazionale ottomana
Il selezionatore della nazionale ottomana è un funzionario con l’hobby del calcio, che pare abbia una visione all’avanguardia di questo nuovo sport. Si chiama Ali Sami Frashëri, e nel 1934 cambierà nome in Ali Sami Yen. Ma siccome meriterebbe un capitolo a parte, di lui parleremo in un altro post… per la sfida convoca giocatori selezionati da tre squadre: nell’undici iniziale ce ne sono 4 del Galatasaray, 3 del Fenerbahçe e 4 dell’Altınordu İdman Yurdu
Tutte e tre le squadre erano inserite nel campionato di Istanbul, che all’epoca aveva già una tradizione decennale. Avevamo accennato che nell’Impero il calcio è a un livello più avanzato rispetto alla Romania, e in effetti il campionato si gioca già dal 1904 e ha sempre avuto almeno 4 squadre al via, il che ha permesso ai giocatori turchi di ottenere un’esperienza superiore. In Romania, invece, un vero campionato non c’è ancora: dal dicembre 1909 si giocano con regolarità diverse coppe, alcune delle quali saranno tempo dopo valutate alla stregua di tornei nazionali, ma ovviamente non è la stessa cosa, e il numero di squadre varia da un’edizione all’altra.
Nonostante queste differenze e lo schiacciante successo ottenuto dal Galatasaray a Bucarest tre anni prima, i turchi si prepararono intensamente per la partita. Per tutta Costantinopoli, quella sfida era vista come una occasione importante per riparare il morale un po ‘offuscato dopo i conflitti regionali degli ultimi anni (che avevano visto gli ottomani perdere quasi tutti i territori europei a vantaggio di Grecia e Bulgaria). Allo stesso tempo, i turchi speravano che attraverso lo sport avrebbero potuto riaprire vari canali diplomatici e stringere alleanze con altri stati europei, riparando così la loro immagine di “grande malato d’Europa”.

In campo
Grazie al giornale turco Tasvîr-i Efkâr (“L’immagine delle idee”), abbiamo gli undici iniziali della partita.
Impero Ottomano in campo con la Piramide (2-3-5): in porta Ahmed Robenson (Fenerbahçe), preferito all’ultimo istante a Nadim del Galatasaray; terzini Galib e (Fenerbahçe) e Nuri (Altınordu); mediani Celal (Galatasaray), Ahmed Cevad (Galatasaray) e Sedad (Altınordu), in avanti da sinistra a destra un altro Nuri (Fenerbahçe), Nihad (Altinordu), Hüseyin (Altinordu), Hasnun Galib (Galatasaray) e Süreyya (Fenerbahçe). Selezionatore: Ali Sami Frashëri
Romania (2-2-6): in porta Hans Köning (Bukarester FC); terzini Cyrel Hense jr (Colentina) e James P.Clive (Colentina), che dunque svolge il doppio ruolo di allenatore-giocatore; gli ‘half’ sono Ernest (o Edward, le fonti discordano…) Chambers (Colentina), Greenhalgh[2] (Colentina), e in avanti gran mucchio con Thomas Bolton (Bukarester), Charles Brazier (United Ploiesti), Edward Woodmore (Bukarester), Thomas Sparks (Colentina), Peter Wilde (Bukarester, è il capitano) e Andrew Matthews (Colentina). Altre fonti riportano la presenza di Thomas Dewhurst (Colentina), ma ci atteniamo alla versione del Tasvîr-i Efkâr.
Allo stadio la partita richiama una folla inimmaginabile per l’epoca: 4000 spettatori: non si trova letteralmente posto dove stare e sulle tribune ci sono anche le donne, sia musulmane che straniere. Gli spettatori sono quasi tutti turchi, ma c’è un gruppetto di studenti romeni dell’Università di Iasi che si trovano in città per un viaggio di studio. Il biglietto costa 5 kurus, studenti e dirigenti dei club di Costantinopoli entrano col ‘ridotto’ a 3 kurus, ma i posti in tribuna arrivano a 10 kurus e quella che chiameremmo “area Vip” a 20 kurus: insomma, il cassiere si frega le mani. La città freme d’attesa.
Nel primo tempo la Romania attacca verso destra rispetto alla tribuna coperta, cercando di sfruttare il vento che spinge verso la porta turca, ma in realtà passa si e no due volte la metà campo. Si gioca in una bolgia (immaginatevi il pubblico turco di oggi… cento anni prima doveva essere ancora più caldo), e l’Impero nel solo primo tempo ha non meno di 15 occasioni per segnare, ma non riesce a schiodare lo 0-0. Un po’ per l’individualismo dei giocatori, che cercano tutti gloria con conclusioni personali, un po’ per errori di mira, e molto per la bravura del portiere Köning, in grande giornata, i turchi non sfondano. Ma sembra solo questione di tempo.
L’intervallo dura dieci minuti, poi si riparte, e l’Impero si getta avanti con ancora maggiore veemenza: la porta della Romania è sotto perenne assedio, ma resiste con fortuna ed eroismo, mentre dall’una e dall’altra parte abbondano i colpi proibiti e l’arbitro (di cui non ci è riportato il nome) ha il suo daffare per far sì che il confronto mantenga più o meno le sembianze di una partita. Si arriva all’80° e siamo ancora 0-0. Assalto turco, dieci uomini nell’area romena e lungo rinvio della difesa. Si invola Andrew Matthews che si fa ottanta metri di campo in solitaria, ma viene fermato dal portiere Ahmed Robenson. A bordo campo Ali Sami Frashëri si arrabbia tantissimo e invita i suoi ‘back’ a stare dietro, ma nessuno lo ascolta. E così all’88°, su un altro rinvio della Romania, parte un altro contropiede e la palla arriva in area a capitan Wilde che “segna all’angolo sinistro con un potente tiro da distanza ravvicinata”. Incredibile: Romania in vantaggio.
L’Impero tenta il tutto per tutto, mischie su mischie in area, mentre i difensori romeni “mandano la palla più volte sugli spettatori” nel tentativo di perdere tempo. E ci riescono: la partita finisce 0-1. Nove inglesi, un tedesco e un americano hanno dato alla Romania la prima vittoria della sua storia.
Il dopopartita
Per l’Impero Ottomano la sconfitta è una vergogna senza precedenti. Sebbene non si aspettassero di ripetere la vittoria 11-1 di quattro anni prima, pensavano di poter vincere facilmente, e il fatto che la squadra avesse dominato la partita creando infinite opportunità senza concretizzarle, accentuò il disappunto. I turchi considerarono i loro giocatori indegni di rappresentare il nome del Paese e così, anche se prima della partita si era apertamente parlato di sfida fra squadre nazionali, molti giornali ex post classificarono l’incontro come un semplice confronto fra una selezione di Costantinopoli ed una di Bucarest. Si legge sul solito Tasvîr-i Efkâr: “I poveri giocatori turchi hanno perso ingiustamente. Tuttavia ci vergogniamo, ma non ci dispiace, in quanto questa squadra non era la Nazionale, ma solo una selezione di Costantinopoli: giocatori di Galatasarai, Altinordu e Fenerbahçe non possono certo rappresentare tutto l’Impero”.
In realtà Il ricercatore turco Önder Kocatürk ammette che ciò non è corretto: considerando l’intero protocollo di questo incontro e il modo in cui la partita è stata presentata fin dall’inizio: “Anche se non c’era un solo rumeno sul campo, questo non cambia il fatto che si trattava di una partita tra le squadre nazionali dei due Paesi”.
I giornali ottomani esaltarono tutti la prestazione di Hans Köning, ritenuto l’artefice principale della vittoria romena. Scrive il Tasvîr-i Efkâr: “Per battere questo portiere, i nostri tiri avrebbero dovuto essere come proiettili di cannone”. L’altro giornale cittadino, il Sabah, afferma che Köning “Di certo è stato il portiere di maggior talento che abbia mai difeso [la porta] a Costantinopoli”.
Sul piano diplomatico, dopo la partita, la sera alle 20, una grande cena, organizzata dal Ministero della Difesa ottomano all’hotel Şahin Pasha, suggella l’amicizia fra i due Paesi e il trionfo dei calciatori romeni. I giocatori delle due selezioni brindano insieme al suono dell’orchestra: vengono eseguiti gli inni di Impero e Regno di Romania e poi si prosegue con canzoni tradizionali dei due paesi, occasionalmente accompagnate dalla voce dei presenti, che cresce proporzionalmente al tasso alcoolico. Pare che la festa dovesse terminare alle 23, ma sia andata avanti fino a tarda notte.
Due giorni dopo, il 19 aprile, i romeni tornarono in campo per affrontare la squadra del Galatasaray, perdendo 4-2. Per il Galatasaray, tutti i gol furono segnati dai fratelli Oberle (tedeschi emigrati a Costantinopoli): 3 da Emil e uno da Joseph, e la vittoria servì almeno a tirare un po’ su il morale dei sostenitori ottomani. Il 21 aprile 1914, sul molo di Galata, i giocatori romeni si imbarcarono sulla nave passeggeri “King Carol I” (che curiosamente ospitava anche gli studenti di Iasi) per far ritorno a Costanza. La prima pagina di storia del calcio romeno era stata scritta.
[1] Dal giornale Românul di Arad, n°130, 15/28 giugno 1914)
[2] Secondo altre fonti fu sostituito all’ultimo istante da Van Beck