Tra Gubbio e Copacabana: l’avventura del Brasile a Italia 90
di Antonio Bastanza
Gubbio non è proprio la spiaggia di Copacabana, decisamente no.
È possibile, non certo ma possibile, che sia questo che pensarono parte tra i 22 verdeoro chiamati a difendere la propria nazione durante Italia 90 quando giunsero nella cittadina umbra sede della prima parte del loro ritiro.
Eppure Gubbio era, ed è tutt’oggi, una delle mete preferite dalle società di calcio per far svolgere i ritiri precampionato, favorita da una condizione climatica ideale nei mesi estivi, dall’aria buona e da una atmosfera a dir poco tranquilla che rendono la cittadina umbra perfetta allo scopo.
Si potrebbe obiettare che per molti tifosi nemmeno quella squadra era paragonabile a una qualunque delle corazzate che nei quadrienni precedenti rappresentavano il Brasile, visto il pochissimo gradimento di cui godeva in patria la squadra di Sebastiao Lazaroni. Ma il Brasile è sempre il Brasile, anche se si presenta con una squadra con poche stelle e molti uomini di sostanza, anche se votata a un calcio più concreto e (assai) meno bailado anche se è praticamente obbligata a puntare tutte le sue aspettative sulla coppia d’attacco tutta “italiana” Careca-Muller, a causa dell’infortunio che limitò l’astro nascente Romario, in dubbio fino all’inizio della manifestazione.
Alle spalle dei due attaccanti premeva forte il rinato, dopo la pessima esperienza romana, Renato Portaluppi, esperto in lagne piuttosto che in dribbling, cui il ritorno in Brasile aveva però rilanciato le aspettative e che non. Vedeva l’ora di far ricredere i suoi detrattori italiani. Piccolo spoiler: non ci riuscirà malgrado prestazioni non disprezzabili.
Ma a definire il Brasile del 1990 era il suo centrocampo, degno della più concreta e razionale squadra europea piuttosto che della squadra simbolo del Calcio sudamericano. I titolari erano Dunga e Alemao, con Mazinho di rincalzo, e l’inutile Valdo a cercare di innescare il duo d’attacco e una linea difensiva a 5 che faceva gridare al vilipendio la Torcida.
Il ritiro umbro non portò fortuna ai Verdeoro, eliminati dopo un girone più che dignitoso, in una controversa battaglia contro l’Argentina decisa, più che dal gol di Caniggia, dalla storia, mai del tutto acclarata, della borraccia al Roipnol fatta preparare dal tecnico albiceleste Bilardo e bevuta dal terzino brasiliano Branco.
Passerà alla storia quella squadra anche per esser stata battuta in una amichevole non ufficiale da una squadra mista di calciatori delle squadre umbre, grazie a una bomba del giovane Edoardo “Ciccio” Artistico, che avrà una buona carriera in Serie B e arriverà a calcare i campi della serie A, e a una ventina di occasioni non sfruttate dagli attaccanti verdeoro.
I più non lo immagineranno, visti i risultati che conquistati dalla selecao, ma molti dei convocati 4 anni più tardi e più o meno con gli stessi presupposti riporteranno il titolo in Brasile dopo 24 anni.