Storia della Champions League: Si impone il calcio atletico (1967-1970)
di Mark Menozzi
La sconfitta di Lisbona è come un epitaffio sulla Grande Inter. I tifosi nerazzurri dovranno sudare decenni per rivedere alzare quella coppa. La vittoria del Celtic Glasgow è storica sotto molti punti di vista. Per prima cosa, la Coppa dei Campioni sbarca in suolo britannico. Ma soprattutto è la prima affermazione di una squadra non latina nella massima rassegna continentale. È il segno – già emerso ai Mondiali in Inghilterra nel 1966 – che si sta imponendo un calcio più fisico, basato su atletismo e muscoli. Sia chiaro, le grandi compagini del Nord Europa hanno fior fiore di campioni, ma è il tramonto del calcio tecnico e ricamato. Oppure no? Tornerà, tranquilli.
1967-1968 MANCHESTER UNITED
Figura 1 Il vecchio Imperial Stadium of Wembley
Domanda. Può un inglese, accettare che uno scozzese lo batta sul tempo? Risposta. Ovviamente no. E men che meno nel football, che gli stessi inglesi hanno inventato. Eppure è successo proprio questo in Coppa dei Campioni. La rivalsa inglese è sulle spalle del Manchester United e del suo allenatore. Non solo Red Devils ovviamente. Fra i favoriti i detentori scozzesi, i soliti nomi noti come Real Madrid e Benfica. L’Italia è rappresentata dalla Juventus tutta sostanza di Heriberto Herrera.
Novità regolamentare importante: nasce la regola celeberrima dei gol in trasferta, che valgono doppio in caso di parità dopo le due gare. Dai quarti per ora resta lo spareggio.
Ah, per la cronaca, l’allenatore del Manchester United che deve portare la Coppa Campioni in Inghilterra… è uno scozzese.
Figura 2 Heriberto Herrera portò la Juventus in semifinale per la prima volta
Il primo turno parte senza esenzioni. E subito una sorpresona! I detentori del Celtic Glasgow escono contro la Dynamo Kiev, rappresentante dell’URSS. Vittoria in Scozia 2-1 e poi 1-1 in Ucraina. I monumenti Real Madrid e Benfica sudano. I lusitani inaugurano la nuova regola dei gol fuori casa, e passano con una rete decisiva di Eusebio a Belfast. Il Real Madrid suda le proverbiali sette camicie con l’Ajax dal gioco frizzante. 3-2 complessivo (supplementari a Madrid) per gli esperti blancos ma le olandesi stanno crescendo eccome. Il Vasas Budapest maramaldeggia sul Dundalk (9-1 complessivo con triplette di Farkas e Korsos). Lisci Manchester United (con un grande Dannis Law), Górnik Zabrze, Anderlecht, St. Étienne e Rapid Vienna. I gol fuori casa premiano il Valur Reykjavik sul Jeunesse d’Esch, 1-1 in Islanda e 3-3 in Lussemburgo. Tiratissime la qualificazioni anche per Sarajevo, Hvidrove, Sparta Praga e Rapid Bucarest. I rumeni ribaltano con un 3-0 ai supplementari lo 0-2 subito in Bulgaria dal Botev Plovdiv.
I tedeschi dell’Eintrancht Braunschweig, sfruttano la defezione della Dinamo Tirana.
La Juventus esordisce con l’Olympiakos Pireo. Prima difficilissima gara in Grecia, in un catino ribollente di tifo. La solidissima difesa bianconera retta da Salvadore, Bercellino e Castano regge lo 0-0. A Torino il bizzoso fuoriclasse Zigoni e Menichelli confezionano il 2-0 che vuol dire qualificazione.
Il secondo turno presenta quasi tutti scontri equilibrati. Non lo è Vasas Budapest contro Valur, 11-1 aggregato per gli ungheresi, 6-0 in casa e 5-1 fuori! L’Hvidrove impone un 2-2 interno al Madrid, ma crolla in Spagna sotto gli studiati colpi di Gento e compagni. Il Górnik Zabrze vince 2-1 in URSS con reti di Szoltysik e Lubanski e poi tiene un 1-1 in casa decisivo. Emozioni fra Sparta Praga e Anderlecht. In Cecoslovacchia una tripletta di Masek regala il 3-2 ai padroni di casa. In Belgio una doppietta dell’asso Van Himst e un gol di Devrindt danno speranza ai biancomalva ma il 3-3 li elimina. Il Manchester United soffre col Sarajevo. 0-0 in Bosnia, e poi Aston e Best in casa lo qualificano, sebbene la rete di Delalić tenga sul filo la qualificazione. Il Benfica vince a Lisbona 2-0 col St. Étienne (Augusto ed Eusebio), è quindi inutile un buon 1-0 dei francesi in casa. Le reti di Crzyb e Saborowski ribaltano la sconfitta 1-0 in Austria e l’Eintracht elimina il Rapid.
La Juventus affronta il Rapid Bucarest, squadra ostica. A Torino decide Magnusson, ed è 1-0. Lo svedese è un’ottima ala offensiva. Acquistato nonostante il blocco degli stranieri in Italia, gioca in Coppa Campioni, ma non in Serie A. Inizialmente si dimostrerà vitale, ma il poco utilizzo lo farà andare fuori forma nel finale. Comunque il suo gol è tesaurizzato dallo 0-0 in Romania.
In primavera si giocano i quarti.
Il Real Madrid passeggia in casa con lo Sparta Praga, 3-0 con tripletta di Amancio, che rende inutile il 2-1 dei cecoslovacchi al ritorno. Il Benfica fa 0-0 in Ungheria col Vasas Budapest, e poi in casa si scatena Eusebio. Doppietta sua e gol di Torres, per il 3-0 delle Aquile. Il Manchester United supera 2-0 ad Old Trafford il Górnik Zabrze. Segna Kidd, che supplisce all’assenza del fuoriclasse scozzese Law, appiedato da un infortunio.
La Juventus è l’unica squadra arrivata senza subire reti ai quarti. Il suo record crolla in Germania con l’Eintracht Braunschwieg. Kaack, Dulz e Berg infilano tre volte Anzolini. Ma un autogol di Kaack e una rete di Sacco, tengono aperta la qualificazione. A Torino sfida durissima, decisa nel finale da un rigore di Bercellino. Per le regole è spareggio. A Berna ancora lo svedese Magnusson è decisivo. La sua rete fissa un 1-0 che profuma di semifinali.
La Juventus giunge per la prima volta in semifinale nella sua storia. E lo fa con la squadra meno tecnica di quelle che vi hanno, fin qui, partecipato. Heriberto Herrera è un tecnico paraguaiano che ha solo il cognome in comune con Helenio. Persona silente, appartata e severissimo. Pretende una grande preparazione fisica e un gioco ad alti ritmi chiamato Movimiento, che ricorda vagamente il gioco che si sta imponendo ad Amsterdam e dintorni… Solo Zigoni, Cinesinho e Del Sol alzano il livello tecnico di una squadra molto fisica e di temperamento. Ma tutto ciò ha portato in semifinale!
Qui però stop.
Il Benfica di Eusebio è superiore e lo fa vedere. A Lisbona è 2-0 per i padroni di casa, con lo stesso Eusebio e Torres. A Torino si spera nella rimonta, ma ancora Eusebio spegne ogni speranza.
Fra Manchester United e Real Madrid solo emozioni pure. Ad Old Trafford decide Best, 1-0. A Madrid il Real fa valere il suo terribile fattore campo. Pirri, Gento e Amancio spengono ogni velleità dei Red Devils, ma un autorete di Zoco tiene aperte le speranze. Poi entra in scena il fenomeno di Belfast. Di nome fa George e di cognome Best. E “best” lo è veramente. Ispira la rete di Sadler e poi con una serpentina salta tutta la difesa, e mette un traversone. Su cui arriva Billy Foulkes, uno dei pochi sopravvissuti della Tragedia di Monaco. Un rude difensore all’inglese, ma li nella casa di Alfredo Di Stefano segna un gol da “9” puro. I Red Devils sono in finale.
Finale che si gioca a Londra, ovviamente all’Imperial Stadium of Wembley, il 29 maggio 1968.
Il tecnico dei Red Devils è ancora Matt Busby. Il “Mago” scozzese ha un’unica ossessione, che lo divora da dieci anni. Vincere la Coppa dei Campioni. Lo deve ai suoi “ragazzi” periti a Monaco di Baviera quel giorno orribile. Lui è stato sul punto di morire per giorni, ma poi si è ripreso. Ha una missione. Con lui si salvò Faulkes, e un altro giocatore. Un giovane virgulto, oggi stempiato, e fuoriclasse affermato: Bobby Robson. Per riuscirci ha assemblato un undici di stelle.
Eccoli.
Stepney, Brennan, Dunne, Crerand, Foulkes, Stiles, Best, Law, Bobby Charlton, Sadler, Aston. A Wembley manca Law e gioca Kidd.
Di fronte l’esperto Benfica nell’illimitato Eusebio, ancora forte di Torres, Augusto, Coluna e Simões. Ci sono dei nuovi come Graça e Jacinto.
Arbitra per la prima volta un italiano: “Don” Concetto Lo Bello da Siracusa. Un monumento del nostro calcio.
La partita è meravigliosa. Dopo un primo tempo equilibrato al 55’ Bobby Charlot segna. Il sogno si avvicina, ma meglio non sottovalutare i campioni avversari. Al 79’ Graça segna con un insidioso diagonale. Poi nel finale Eusebio ha la palla per vincere, ma questa volta sbaglia.
Supplementari.
Qui si prende il proscenio George Best. Al 97’ segna un gol che solo lui potrebbe pensare in finale di Coppa dei Campioni al supplementare. Lanciato in rete davanti al portiere non tira, lo mette a sedere, lo supera e quasi entra in porta col pallone! Un minuto e Kidd di testa fa 3-1. Al 100’ Bobby Charlton mette il sigillo finale.
Il Manchester United ha vinto la Coppa dei Campioni. I ragazzi rimasti a Monaco di Baviera dieci anni prima sono stati onorati. Giusto così.
FINALE 1968
MANCHESTER UNITED – BENFICA 4-1 dts (Londra, Wembley, 29/5/1968)
Manchester United: Stepney, Brennan, Dunne, Crerand, Foulkes, Stiles, Best, Sadler, B. Charlton, Kidd, Aston. All.re: Matt Busby.
Benfica: Henrique, Adolfo, Cruz, Coluna, Jacinto, Humberto, Augusto, Graça, Torres, Eusebio, Simões. All.re: Ottorino Gloria.
Arbitro: Concetto Lo Bello (Italia)
Marcatori: 55’ B. Charlton (M), 79’ Graça (B), 97’ Best (M), 98’ Kidd (M), 100’ B. Charlton (M)
Figura 3 Bobby Charlton autentico monumento del calcio inglese
FOCUS: BOBBY CHARLTON
Proveniva dalla grigia Northumberland, terra dura di minatori, e duro lo è anche lui.
Robert “Bobby” Charlton, era uno dei giovanissimi talenti amalgamati da Busby alla fine degli anni 50, fra cui spiccava l’indimenticabile Duncan Edwards. Quella nidiata di campioni fu stroncata nelle Tragedia di Monaco, da cui Bobby uscì miracolosamente salvo e quasi illeso. Le cicatrici gli rimasero nell’animo, però, perché da quel 6 febbraio 1958, di fatto non rise più.
Era un giocatore unico. Un vero universale, giostrava da mezzala offensiva, regista o centravanti di manovra. Segnava molto e dirigeva la squadra. Un lottatore indomito. Vinse il Mondiale in Inghilterra nel 1966 segnando una doppietta vitale in semifinale al Portogallo di Eusebio. Quell’anno suo fu anche il Pallone d’Oro.
Probabilmente il più forte giocatore britannico del Dopoguerra.
CLASSIFICA MARCATORI
> 6 RETI
Eusebio (Benfica)
> 5 RETI
Francisco Gento (Real Madrid)
Paul Van Himst (Anderlecht)
Vaclav Mašek (Sparta Praga)
> 4 RETI
Amancio (Real Madrid)
Hermann Gunnarsson (Valur Reykjavík)
Włodzimierz Lubanski (Górnik Zabrze)
1968-1969 MILAN
La quattordicesima edizione della Coppa dei Campioni si apre con venti agitati, che spirano un po’ da ogni lato. Il ‘68 è anno particolare ed iconico, e la Primavera di Praga ha un effetto domino, che porta a ritirarsi parecchie squadre. Dynamo Kiev, Ferencváros, Levski Sofia, Karl Zeiss Jena e Ruch Chorzóv. Non però i rappresentanti della Cecoslovacchia, lo Spartak Trnava, che sarà anzi massima protagonista.
Tornando al campo il Manchester United dei Tre Palloni d’Oro (Law, Bobby Charlton e Best, in ordine cronologico) è favorito, oltre alle solite Real Madrid e Benfica. Per l’Italia c’è il Milan, che è nuovamente in mano a Nereo Rocco.
Al primo turno le tre favorite che vi ho indicato, fanno a gara per chi segna la goleada maggiore. I detentori superano il Waterford 3-1 e 7-1 (con quattro reti di Law); il Real Madrid fa un doppio set 6-0 6-0 con l’Apollon, il Benfica dopo uno strano 0-0 in Islanda travolge 8-1 il Valur a Lisbona.
Più equilibrio altrove. Il Celtic Glasgow ribalta lo 0-2 col St. Etíenne, vincendo 4-0 in casa. Si qualificano anche Akandemisk Boldklub (Danimarca), Rapid Vienna, Lahden Reipas (Finlandia) e la già citata Spartak Trnava. I cecoslovacchi ribaltano lo 1-3 di Bucarest con la Steaua con un 4-0 interno. Sorpresa per l’eliminazione del Manchester City per mano del Fenerbahçe, che fa sfumare il sogno di un derby di coppa con lo United. Sorprende fino ad un certo punto la vittoria dell’Ajax sul Norimberga, anche se il 4-0 di Amsterdam è notevole.
I rossoneri non sudano più del previsto per regolare il Malmö, nonostante perdano in Svezia 2-1, a San Siro ribaltano con un secco 4-1 con doppietta di Prati e reti di Rivera e Sormani.
La Stella Rossa Belgrado si avvale del ritiro del Karl Zeiss Jena e si qualifica senza giocare.
Figura 4 L’iconica figura del “Paron” Nereo Rocco, uno dei più grandi allenatori di sempre
Viste le defezioni, dal secondo turno vengono esentate due squadre a sorteggio. I “bussolotti” usciti sono quelli di Benfica e Milan.
Il Manchester United fatica col tremendo Anderlecht di quel periodo. Il 3-0 ad Old Trafford sembra una polizza che copre ogni possibile guaio. Ma a Bruxelles quasi scatta la rimonta, e solo un gol di Sartori salva gli inglesi. Il Celtic sculaccia la Stella Rossa con un 5-1 in casa, con un grande Johnstone sugli scudi. L’Ajax va liscio col Fenerbahçe, e il suo gioco innovativo inizia ad attirare attenzioni. L’AEK Atene fa fuori l’AB Copenhagen. Lo Spartak Trnava da una lezione di calcio ai piccoli finlandesi del Lahti.
La sorpresa è la caduta del Real Madrid col Rapid Vienna. Kalterbrunner decide la sfida di Vienna. Ci si aspetta la solita rimonta dei blancos, che Velazquez e Pirri apparecchiano, ma una zampata di Bjerregaard qualifica gli austriaci.
I viennesi si arrendono ai quarti al Manchester United. 3-0 con doppietta di Best all’Old Trafford, e un pacifico 0-0 a Vienna sanciscono il risultato.
Il Benfica strapazza l’Ajax ad Amsterdam. Jacinto, Torres e Augusto fanno vedere ai “ragazzini” chi comanda. Ma a Lisbona il gioco atletico e polivalente degli olandesi deflagra. Impazza Cruijff ed è 1-3. Si va allo spareggio che al 90’ è zero a zero, ma nei supplementari l’atletismo dell’Ajax non lascia scampo alle attempate Aquile, rete di Danielsson a rompere l’equilibrio, poi due volte Cruijff.
Bella sfida equilibrata fra AEK e Trnava. 2-1 in Cecoslovacchia, con rete conclusiva di Kabat. Ad Atene Papaioannu riapre la qualificazione, ma Svec la chiude.
Il Milan affronta il temibile Celtic. 0-0 a San Siro, e gli stessi tifosi rossoneri non ci credono. Ma a Glasgow prestazione super del Milan, che con un gol di Prati si qualifica.
Le semifinali vedono sfide interessantissime.
Figura 5 Il micidiale bomber dello Spartak Trnava, Jozef Adamec
Lo Spartak Trnava e l’Ajax sono le due rivelazioni. I lancieri passeranno in pochi anni alla storia. Pochi o nessuno si ricordano degli slovacchi. Avevano vinto il loro primo campionato, e sotto la direzione del tecnico Ján Hucko, praticavano un calcio avanguardista. Occupazione degli spazi, atletismo, ed eclettismo dei suoi interpreti. Insomma, un Ajax con nome diverso. Purtroppo l’eccessivo avanguardismo – non solo calcistico – di Hucko ne porterà la rovina, e il laboratorio chiuderà i battenti. Ad Amsterdam sembra tutto facile per i padroni di casa, con un secco 3-0. Ma nel ritorno vengono messi sotto dallo Spartak Trnava, che va sul 2-0 con doppietta di Kuna, e sfiora la rimonta. Cruijff ricorderà sempre quella partita, come quella più sofferta in Coppa dei Campioni.
La grande sfida è fra Milan e Manchester United. I Red Devils vogliono vendicare l’eliminazione di undici anni prima, quando i rossoneri li estromisero dalla finale, dopo il Disastro di Monaco. Non ci riescono. Sormani e Hamrin decidono l’andata a San Siro, e il gol di Bobby Charlton all’Old Trafford serve solo per le statistiche.
Milan in finale per la terza volta.
Finale che si gioca a Madrid, nel Santiago Bernabeu, il 28 maggio del 1969.
Il Milan era stata la prima italiana ad alzare la Coppa dei Campioni, sei anni prima. A dirigerla c’era Nereo Rocco. Subito dopo quella vittoria, il tecnico triestino si era trasferito al Torino, e il Milan non aveva più vinto nulla, tranne la Coppa Italia del 1967. Quell’estate fu richiamato Rocco, che si mise subito al lavoro. Ci furono critiche, poiché Nereo Rocco era tacciato di essere un allenatore di vecchia scuola, superato e difensivista. Il “Paron” non fece nemmeno spallucce. Chiese gli attempati Malatrasi e Hamrin. Il primo rifiorì divenendo uno splendido libero di manovra, il secondo dato in declino si rianimò, tornando ad essere una micidiale ala offensiva. Addio ad Altafini e Sani, e squadra rinnovata. Rosato fu spostato in marcatura dietro, e in attacco spazio al giovane Prati.
Quel Milan prevedeva il “ragno nero” Cudicini in porta, Anquiletti e Rosato marcatori, Malatrasi libero e il tedesco Karl Hainz Schnellinger, a iniettare forza ed esperienza a sinistra. A centrocampo due pretoriani di Rocco, Lodetti e Trapattoni, a fungere da rampa e guardaspalle per Rivera, che senza compiti in marcatura era libero di sprigionare il suo gioco. Hamrin come incursore esterno, con Sormani e Prati in attacco.
L’Ajax aveva fatto rizzare a tutti le orecchie. Il suo gioco innovativo – su cui torneremo – stava limandosi, ma quel Milan era ancora troppo per lei. Giovani assi come Suurbier, Danielsson, Keizer e soprattutto Cruijff, avevano mangiato ancora pochi cereali col latte, per impensierire i vecchi marpioni rossoneri.
Già al primo minuto palo di Prati, che al 7’ colpisce. Rivera impazza e non c’è modo di contrastarlo. L’Ajax reagisce bene, ma ancora Prati sul finire del primo tempo raddoppia. Vasović accorcia su rigore al 60’, diventando il primo giocatore a segnare in finale di Coppa Campioni con due squadre diverse. Passano poco più di cinque minuti e Sormani richiude la finale con una rasoiata. Ancora Prati confeziona il trionfo.
4-1, con tripletta di Pierino Prati. Il Milan è per la seconda volta sul tetto d’Europa. Il “Paron” ha fatto vedere a tutti quanto era superato e difensivista… rivincita di un pilastro del calcio italiano.
Milano come città domina così gli anni 60 con quattro trionfi delle sue squadre. Ci vorranno venti anni per riportare sotto la Madonnina la Coppa dei Campioni.
FINALE 1969
MILAN – AIAX 4-1 (Madrid, Estádio Santiago Bernabeu, 28/5/1969)
Milan: Cudicini, Anquilletti, Schnellinger, Trapattoni, Rosato, Malatrasi, Hamrin, Lodetti, Sormani, Rivera, Prati. All.re: Nereo Rocco.
Ajax: Bals, Suurbier (dal 46’ Nanninga), Van Duivenbode, Groot (dal 46’ Muller), Hulshof, Vasović, Swart, Pronk, Cruijff, Danielsson, Keizer. All.re: Rinus Michels
Arbitro: José Ortiz de Mendebil (Spagna)
Marcatori: 8’ e 40’ Prati (M), 60’ Vasović su rigore (A), 67’ Sormani (M), 75’ Prati (M)
Figura 6 L’elegante incedere a testa alta di Gianni Rivera
FOCUS: GIANNI RIVERA
All’anagrafe farebbe Giovanni, ma da sempre tutti lo conoscono come Gianni. Cresciuto nel vivaio dell’Alessandria, esordì non ancora sedicenne contro l’Inter. Fu necessaria una deroga della FIGC data la giovane età.
Fin dalle prime apparizioni fu chiaro che non era un giocatore normale. Tecnica sublime, conoscenza del gioco in ogni sfumatura del tutto naturale e buon fiuto del gol. Un vero regista offensivo, come il calcio italiano non vedeva dai tempi di un altro Giovanni di Alessandria, il mitico Ferrari. Il Milan se lo assicurò già nel 1960, e in pochissimo tempo divenne titolare, avvalendosi di maestri come Liedholm e Schiaffino! Diede vita ad una rivalità cittadina con Alessandro Mazzola, che appassionò tutta Italia. Rimase rossonero fino al 1979.
Di carattere forte ebbe spesso polemiche con i suoi dirigenti e quelli federali. Ritiratosi si dedicò con successo alla carriera politica.
CLASSIFICA MARCATORI
> 9 RETI
Dennis Law (Manchester United)
> 6 RETI
Pierino Prati (Milan)
Johan Cruijff (Ajax)
> 5 RETI
Jozef Adamec (Spartak Trnava)
Valér Švec (Spartak Trnava)
José Augusto Torres (Benfica)
1969-1970 FEYENOORD
La vittoria del Milan nasconde un poco il disagio che vive il calcio italiano. La disfatta della Nazionale azzurra con la Corea del Nord in Inghilterra, ai Mondiali del ’66, ha portato alla chiusura degli stranieri I club di Serie A possono acquistare solo gli assi forestieri già in Italia. Se ciò da un lato porterà a risultati storici, come lo Scudetto del Cagliari in questa stagione, dall’altro porterà all’impoverimento della Serie A, che non risentirà solo dell’impossibilità di tesserare fenomeni stranieri, ma anche tatticamente, chiudendosi alle novità che questi avrebbero portato. Sta per iniziare un periodo buio in Europa per i nostri club.
Per questa edizione della Coppa dei Campioni, al via i soliti nomi noti, con Real Madrid e Benfica, ma in netta fase di declino entrambe, e col Milan.
Trentatre le partecipanti, e turno preliminare dove il KB Copenhagen fa fuori i finlandesi del Turun con un complessivo 5-0.
Il primo turno non ha defezioni o esenzioni. Il Real Madrid fa vedere di non essere declinante con un 14-1 complessivo ai ciprioti dell’Olympiakos Nicosia, che non sono proprio uno squadrone… Meglio fa il Feyenoord. I campioni olandesi infliggono un 16-2 in due gare al KR Reykjavik, con un 12-2 da record a Rotterdam (poker di Geels e tripletta di Kindvall fra gli altri). Ma il Leeds che rappresenta l’Inghilterra si scoccia, e migliora con un 16-0 complessivo al Lyn Oslo (10-0 in casa e 6-0 in Norvegia). Goleada anche per la Stella Rossa, e pure il Legia Varsavia si diverte con l’UT Arad, 2-1 in Romania e poi 8-0 in casa. Meno oceaniche nel punteggio, ma nette ugualmente, le qualificazioni per Benfica, Spartak Trnava, Standard Liegi, Ferencvaros, Galatasaray e Dynamo Kiev. Il Bayern Monaco esordisce in Coppa dei Campioni, ma esce subito col St. Etienne. Si rifaranno in pochi anni! Il Celtic Glasgow elimina il Basilea dopo un duro 0-0 in Svizzero con un 2-0 interno con gol di Hood e Gemmel. Passa di poco anche il Vörwards.
Due italiane al via.
Figura 7 L’attaccante rossonero Pierino Prati
Il Milan si allinea alla moda della goleada. Con i lussemburghesi dell’Avenir Beggen 5-0 interno con doppietta di Prati, e 3-0 in Lussemburgo con reti di Combin e Sormani.
La Fiorentina affronta i fisici svedesi dell’Östers. A Firenze decide una rete di Maraschi. In Svezia Amarildo ed Esposito fissano il 2-1 che mette in ghiaccio la qualificazione.
Il secondo turno vede entrare in scena la brutta regola del sorteggio, in caso di parità dopo due partite. Ne usufruiscono il Galatasaray sullo Spartak Trnava, e il Celtic. Per gli scozzesi rocambolesca sfida col Benfica. Vincono 3-0 in casa, ma a Lisbona Eusebio fa vedere chi è, e apre la rimonta conclusa da Diamantino. Ma la monetina premia la squadra di Jock Stein.
Il Leeds United regola con un doppio 3-0 il Ferencvaros. Il Vörwards Berlino elimina con i gol in trasferta la Stella Rossa (perde 3-2 a Belgrado, e passa col 2-1 in casa). Il Legia Varsavia trascinato da Deyna, supera il St. Etienne. Lo Standard Liegi vince in casa di misura col Real Madrid. La tradizionale rimonta dei blancos non c’è, e i belgi espugnano il Bernabeu con un sorprendente 3-2!
Il Milan affronta il Feyenoord. A San Siro Combin porta in vantaggio i rossoneri, che poi subiscono l’arioso gioco degli olandesi, ma reggono. A Rotterdam però nulla da fare, il centrocampo guidato da Jensen e Wim Van Hanegem domina, e proprio questi due confezionano il 2-0 che elimina i detentori.
La Fiorentina forza il pronostico espugnando Kiev con reti di Chiarugi e Maraschi. A Firenze inchioda la Dynamo Kiev sullo 0-0 e accede ai quarti.
Quarti che segnano lo stop per i viola. Troppo esperto il Celtic che fa 3-0 a Glasgow con reti di Auld, Wallace e autorete di Carpenetti. Inutile il gol di Chiarugi a Firenze, se non per la platonica vittoria.
Il Feyenoord rimonta di nuovo lo 0-1 esterno, con un 2-0 a Rotterdam.
Il Leeds non cade nell’errore del Madrid. Non sottovaluta lo Standard Liegi. Peter Lorimer espugna il Belgio e poi Giles sancisce un altro 1-0, in casa.
A completare il lotto delle semifinaliste il Legia Varsavia, che regola il Galatasaray.
I polacchi cedono col Feyenoord. 0-0 a Varsavia, e poi “tradizionale” 2-0 per i biancorossi in casa, con Van Hanegem e Hasil a sancire la storica finale.
Il derby britannico fra Leeds e Celtic fa scintille. In Inghilterra Connely fissa un 1-0 per i biancoverdi, che in Scozia tremano al gol di Bremmer, ma poi Hughes e Murdoch, fissano il 2-1 che li riporta in finale, dopo tre anni.
Finale che si gioca in Italia, a San Siro in Milano, il 6 maggio del 1970. Anticipata in vista dei Mondiali in Messico.
Il Celtic Glasgow ha i – leggeri – favori del pronostico. La squadra è quasi quella di Lisbona, con Murdoch, Hay e Hughes in più. Jock Stein è sicuro delle possibilità dei suoi.
Ma non ha considerato un dogma del calcio. Che verrà rivelato quella sera. Se giochi contro una squadra di Happel, in finale, è pressoché impossibile vincere. E se sei favorito peggio che mai!
Infatti sulla panchina degli olandesi c’è il santone austriaco Ernst Happel, uno dei più grandi – forse il PIÙ grande – allenatori di ogni epoca. Grande giocatore negli anni ’40 e ’50, si è affermato nei Paesi Bassi come un formidabile tattico. Gioco a zona, 4-3-3 mobile, attacco e centrocampo basati sulla creazione di triangoli e gabbie. Non è un segreto che lo stesso Michels guardò a lui per raffinare il suo Calcio Totale nell’Ajax.
Figura 8 Il leggendario Ernst Happel
Il Feyenoord è un’ottima squadra, con una difesa solida imperniata su Israel e Laseroms, e un centrocampo formidabile. Jensen è l’uomo di copertura, l’austriaco Hasil inietta corsa e fisicità, e poi Willem Van Hanegem dirige il gioco, raccorda mediana e attacco, e spesso risolve segnando. Un fuoriclasse. L’attacco è mobile come Wery e Moulijn a partire esterni e lo svedese Ove Kindvall in mezzo.
La gara si apre bene per gli scozzesi, però. Lo Bello fischia un calcio di punizione, che batte Tommy Gemmel. Lo stesso Lo Bello bizzarramente disturba in traiettoria il portiere. Celtic in vantaggio. Dopo solo due minuti, al 32’, il capitano del Feyenoord Rinus Israel pareggia di testa su sviluppo di un angolo. Il pareggio resiste fino al 90’. Anche i supplementari sembrano avviati al pari, e alla ripetizione della finale. Ma al 116’ Van Hanegem lancia profondo. McNeil scivola, e Kindvall insacca il 2-1!
Il Feyenoord ha vinto la Coppa dei Campioni. Primo trionfo per il calcio olandese. Ma non sarà il solo, anzi. Si sta per aprire l’epopea dell’Ajax.
FINALE 1970
FEYENOORD – CELTIC GLASGOW 2-1 (Milano, San Siro, 6/5/1970)
Feyenoord: Graaflend, Romejin, Van Duivenbode, Jensen, Laseroms (dal 102’ Haak), Istrael, Hasil, Van Hanegem, Wery, Kindvall, Moulijin. All.re: Ernst Happel.
Celtic Glasgow: Williams, Hay, Gemmel, Murdoch, McNeil, Brogan, Johnstone, Hughes, Wallace, Auld (dal 77’ Connely), Lennox. All.re: Jock Stein
Arbitro: Concetto Lo Bello (Italia)
Marcatori: 30’ Gemmel (C), 32’ Israel (F), 116’ Kindvall (F)
Figura 9 Wim Van Hanegem cuore e fuoriclasse del Feyenoord e della Nazionale Orange
FOCUS: WILLEM VAN HANEGEM
Nato a Breskens nel 1944, in una famiglia numerosa, perse il padre, due fratelli e una sorella durante la Seconda Guerra Mondiale, per via della Wermacht. Ciò gli fece nascere nel cuore un odio feroce per i tedeschi, che mostrava in campo giocando al massimo contro di loro, li voleva umiliare, non solo battere. Per questo prese molto male l’arrivo di Ernst Happel sulla panchina del Feyenoord. Questi era austriaco, non tedesco, ma poco importava. Il rapporto fra i due però fu basato su un rispetto reciproco.
Tecnicamente era formidabile, nonostante apparisse sgraziato, tanto da essere soprannominato “de Kromme” ovvero il “Gobbo”. Ma era molto efficace, perfetto regista dell’epoca. Il suo limite la lentezza, ma faceva correre la palla.
Con Cruijff , Resenbrink e Neeskens fu il fulcro dell’Arancia Meccanica dei primi anni 70. Uscito di scena, l’Olanda perse molta fluidità nel gioco.
CLASSIFICA MARCATORI
> 8 RETI
Mick Jones (Leeds United)
> 7 RETI
Ove Kindvall (Feyenoord)
> 6 RETI
Ruud Geels (Feyenoord)