Calcio e Olocausto: la Lega di Terezin

Nei giorni caratterizzati dal ricordo della Shoah, una bella storia da raccontare è quella della cosiddetta “Lega di Terezin”.
Siamo in piena Seconda Guerra Mondiale, e a Terezin, una piccola città della Repubblica Ceca, esiste un campo di concentramento “ibrido” che le SS utilizzavano a scopi propagandistici o come centro di smistamento per gli ebrei che, lungo la strada per i campi di sterminio, venivano smistati. Terezin (per i tedeschi Theresienstadt) era una città-fortezza, ideale per lo scopo: situata a 60 miglia a nord di Praga, offriva una serie di grandi caserme austriache del XVIII secolo ancora in ottimo stato, ed una linea ferroviaria che avrebbe aiutato il trasporto degli ebrei da e per il ghetto.
Per fare spazio agli ebrei deportati (circa 150mila) i nazisti, guidati dall’Obergruppenfuhrer, Reinhard Heydrich, nel settembre del 1941 decisero di utilizzare le maniere forti con l’espulsione dalla città di tutti gli abitanti. Dei 150mila ebrei “stoccati” a Terezin, 34mila periranno, e fra loro anche 300 calciatori professionisti. Eppure, ancora una volta, il calcio si dimostrò più forte di ogni avversità.
Non passò molto tempo che, sotto la guida dell’ebreo tedesco Fredy Hirsch, fu istituito un vero e proprio campionato, dove le squadre venivano allestite in base ai mestieri dei calciatori che le componevano (c’erano dunque “I Macellai”, “I Sarti”, “I Verdurieri”, e così via).
Si giocava nel cortile di una ex caserma, intorno a un cordone di spettatori, assiepati a bordo campo o sui balconi. Le gare, giocate inizialmente con i “regolari” 11 contro 11, per le dimensioni del campo furono quasi subito portate alla formula del 7 contro 7, con un unico tempo di 35 minuti.
Erano partite infuocate, agonisticamente intense, ma di solito corrette, e i risultati venivano regolarmente annotati.
L’Albo d’Oro della “Lega di Terezin” ci dice che il primo titolo di Campioni, nel 1942, fu vinto dal “Reparto per la cura dei bambini”: premio per i giocatori, oltre alla gloria, mezzo limone ciascuno.
L’anno dopo, fu la volta de “I Macellai”, nelle cui fila c’erano il centrocampista Paul Mahrer (negli anni Trenta in forza al DFC Praga), il portiere Jirka Taussig (fu nazionale cecoslovacco) e l’attaccante Honza Burka (padre, fra l’altro, di quella Petra che fu poi campionessa di pattinaggio su ghiaccio, e bronzo alle Olimpiadi invernali di Innsbruck 1964.

Il turnover dei giocatori era piuttosto intenso: le squadre cambiavano volto ogni settimana, o per effetto dei trasferimenti di detenuti verso altri campi (Terezin, come detto, era un campo di smistamento), ma anche, tristemente, per l’alto tasso di mortalità fra i giocatori.
L’unicità della “Lega di Terezin” fu anche oggetto di sfruttamento da parte della propaganda nazista: il regista Kurt Gerron (poi a sua volta deportato ad Auschwitz, dove morì insieme alla moglie e a tutte le comparse del film) girò in loco un film denominato “Il Fuhrer regala una città agli ebrei”
Finita la Seconda Guerra Mondiale, nel 1955, i superstiti di Terezin si incontrarono in un kibbutz di Givat Haim-Ihud in Israele, dove furono organizzate partite di calcio simili a quelle che si erano svolte nella Lega di Terezin per ricordare quei giorni in cui il calcio era stata l’unica consolazione in mezzo alle brutalità naziste.
Il ghetto di Terezin è stato oggi trasformato in un museo. Fra i reperti c’è una pagina scritta a mano che descrive la classifica della “Lega di Terezin” del 1943.