‘Sto Mondiale, a chi lo do?
Nel 2030 i Mondiali di calcio celebreranno l’edizione del centenario. E a pensarci bene, sembra già passato molto più di un secolo da quando, e l’uso del passato remoto è indispensabile, l’Uruguay ospitò nel 1930 la prima edizione della Coppa Rimet: le squadre europee arrivarono in piroscafo (“Conte Rosso” o “Conte Verde”: altre linee per l’Uruguay non ce n’erano) e i giocatori, quasi tutti dilettanti, dovettero chiedere (spesso senza ottenerli, dunque rinunciando al viaggio) dei periodi di vacanza ai datori di lavoro. Gli aneddoti si sprecarono: dal re di Romania, che per decreto stabilì la creazione di una selezione nazionale per partecipare, all’arbitro Langenus, che per dirigere la finale chiese e ottenne un’assicurazione sulla vita, un biglietto per il primo piroscafo pronto a partire, e un sidecar che lo venisse a prelevare direttamente a centrocampo dopo il triplice fischio… e poi rischiò di non poter arbitrare, perché quando si presentò all’ingresso dicendo “Buonasera, sono l’arbitro”, si sentì rispondere: “Sì, e io sono Napoleone, lei è il tredicesimo che si presenta così”. Venne arrestato e rinchiuso in uno stanzino. Buon per lui che il sarto che gli aveva confezionato la divisa per la partita lo riconobbe.
No, non sembra passato un secolo. Sembra molto di più.
Ma comunque, (quasi) un secolo dopo, la FIFA si prepara a prendere una decisione molto importante. A chi affidare l’organizzazione del Mondiale del centenario?
Una bella responsabilità. Che porta, per giunta, con sé, anche altissime percentuali di rischio che venga commessa una qualche porcata, come per le Olimpiadi del centenario, che anziché alla Grecia, ispiratrice della competizione e paese ospitante della prima edizione, furono assegnate ad Atlanta. Che aveva un curriculum un filo meno scintillante, ma aveva messo sul piatto i soldi della Coca-Cola.
Detto che il congresso della FIFA ha stabilito che la decisione sull’assegnazione della Coppa 2030 sarà presa nel 2024, si è però deciso anche che le domande formali delle nazioni interessate debbano pervenire alla Federazione fra aprile e giugno del 2022. Non proprio domani mattina, ma quasi.
E allora, a chi potrebbe andare l’onore e l’onere di ospitare questa edizione della Coppa?
Una decisione cruciale ancora da prendere è se si applicherà il sistema di rotazione standard: negli ultimi anni le Confederazioni continentali che hanno ospitato i due precedenti tornei sono state escluse dalla successiva. Questo escluderebbe sia il Nord America, che ospiterà la fase finale 2026, sia l’Asia che col Qatar ospiterà quella del 2022.
Forse.
Sì, perché tutti sanno che la FIFA è desiderosa di promuovere il gioco in Cina, nuova frontiera che può offrire grandi numeri per quanto riguarda i fans e grandi flussi per quanto riguarda il denaro. E il fatto che in questi giorni ai cinesi sia stata affidata la Coppa del Mondo per Club 2021 (guarda caso un anno prima della decisione sul Mondiale) è una coincidenza così incredibile che è difficile pensare che possa essere casuale. Tutto fa pensare, comunque, che su quel tavolo la proposta della Cina ci sarà.
Sicuramente ci sarà anche quella, più romantica, dell’Uruguay. Gli “orientales” non sarebbero da soli: si parla di un “joint bid” con l’Argentina, il Paraguay e il Cile. Ma non è tutto: recentemente anche Ecuador, Colombia e Perù hanno ipotizzato di presentare una richiesta di “co-hosting”. Una concorrenza interna fra due candidature sudamericane, però, rischierebbe di far perdere entrambe.
Ci sta facendo un pensierino anche la Perfida Albione. Qui si parla di un “joint bid” da parte delle “Old five”,cioè le cinque associazioni britanniche (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda e Irlanda del Nord) per un nuovo “Football’s coming home”. In fondo, se l’Uruguay è il papà del football, l’Inghilterra ne è pur sempre la madre… e poi l’Europa Occidentale non ospita il mondiale da Germania 2006.
In Europa ci sono almeno altre due possibili candidature in formazione: una, assai suggestiva, è la “Balkan 2030” che vedrebbe l’interesse congiunto di Serbia, Bulgaria, Grecia e Romania. Il Presidente della Serbia e i primi ministri degli altri tre stati ne hanno parlato recentemente. Sarebbe una ventata di novità, anche se gli ostacoli da superare sono molti: al momento, avere nel gruppo la Bulgaria sembra più un problema che una risorsa, ed economicamente, dire che la Grecia ha qualche problema è come affermare che ai mercati generali c’è qualche mela. Ma c’è tempo: chissà.
E non è finita: a giugno 2019, infatti, le Federazioni di Spagna e Portogallo hanno affermato l’intenzione di valutare un’offerta congiunta. In fondo, la Spagna è una delle capitali del gioco, e ha avuto i Mondiali solo una volta, nel 1982, mentre il Portogallo addirittura non è mai riuscito ad ospitarli.
Infine, l’Africa. Il Marocco, che ha già perso cinque volte la corsa per ospitare i Mondiali (l’ultima a fallire è stata la candidatura per il 2026), potrebbe riprovarci ancora, stavolta insieme a Tunisia e Algeria.
Come dicono da quelle parti, “insciallah”.