Three Talking points: le trappole della ripartenza
I trappoloni post sosta della nazionale si sono presentati puntuali come i parenti che ti stanno sulle palle dopo il pranzo di Natale. Solo che stavolta sono stati evitati, a fatica ma evitati, in una giornata in cui tutto è andato come ci si poteva aspettare anche se, in qualche caso, lo ha fatto in maniera scoppiettante.
Meno scoppiettante è il solito ripresentarsi dei cori razzisti, che almeno ora vengono immediatamente contrastati dalle pubbliche prese di posizione delle società: quando si farà di tutto per cacciare certa gente dagli stadi sarà sempre troppo tardi. Ma dopo una settimana in cui, grazie a un folcloristico sostegno di gruppo da parte della nazionale turca, abbiamo incredibilmente scoperto che un dittatore sta portando avanti un massacro, magari grazie ad armi gentilmente e consapevolmente vendute da tutto l’occidente, Italia in primis, i cori di Marassi sembrano ordinaria amministrazione.
È un triste mondo malato.
1) il treno di testa continua la sua corsa.
Juve, Inter e Napoli vincono 3 partite da vincere, tutte meritatamente, tutte a fatica. I nerazzurri si smarriscono e rischiano di compromettere 70 minuti di dominio e un triplo vantaggio contro un Sassuolo che, a parte il merito di non mollare, si dimostra veramente poca roba. Idem il Napoli, senza il brivido finale ma con qualche fatica in più a sbloccare la partita. Chi finisce col vedersela brutta, in un finale molto allegriano, è la capolista, salvata da un grande Buffon e, come fai a sbagliarti, accusata di esser favorita dagli arbitri per un fallo di mano di De Ligt nel finale. Consigliato per tutti un ripasso delle nuove regole sul fallo di mano, tranne che per l’arbitro Irrati: a lui qualcuno dovrebbe ricordare che il calcio non prevede spallate tipo Rugby come quella che non vede prima del gol della vittoria di Pjanic.
2) Il (triste) ballo delle panchine: parte 1
Ranieri e Pioli strappano un punticino casalingo, buono per i doriani, per nulla per i rossoneri. Eppure la squadra milanese mostra incoraggianti segnali di ripresa, concretizzando meno di quanto prodotto e subendo un pari, sostanzialmente immeritato malgrado il Lecce abbia, ancora una volta, dimostrato di scendere in campo per giocarsi la partita.
Poi ovviamente dipende tutto dalle aspettative, che senza voler drammatizzare come fanno tanti, sono quelli di una squadra che può lottare per l’Europa League e, vista la scellerata partenza, nulla di più. Rimane da chiedersi se un mercato fatto di incognite e (non molti) soldi (finora) malspesi sia stata la scelta giusta per una rosa che aveva bisogno di certezze.
2) Il (triste) ballo delle panchine: parte 2
Se Sparta Blucerchiata piange, ultima a 4 punti e 4 gol segnati, l’Atene rossoblu non ride e, dopo la batosta di Parma, sceglie un nuovo allenatore al posto di Andreazzoli esonerato virtualmente 15 giorni fa e lasciato sulla panchina del Grifone solo perché tutte le alternative avevano detto no. In attesa di conoscere lo sventurato e raccomandando ad Andreazzoli di non cambiare numero di cellulare almeno fino a Natale, rimane da chiedersi quando la finiremo con certi siparietti come quelli dei presidenti delle due Genovesi, che nascondono dietro atteggiamenti pubblici a dir poco folcloristici una gestione societaria piena zeppa di ombre.