Il calcio nel fumetto argentino: la passione di Loco Chavez per il Racing

Il calcio nel fumetto argentino: la passione di Loco Chavez per il Racing

Argentina, terra di grandi passioni, ballo, calcio, letteratura e fumetti. La scuola di questo grande Paese sudamericano è trasversale, tocca diversi campi e li contamina, a modo suo, entrando e uscendo, proprio come un passo di tango. Alzi la mano chi non ha mai visto una vignetta di Mordillo, dedicata al calcio, o chi non ha mai letto l’Eternauta? Oggi invece l’obiettivo è puntato su Loco Chávez, serie a fumetti ideata e scritta da Carlo Trillo e Horacio Altuna (ai disegni). Questa striscia venne pubblicata nelle pagine del Clarìn, per ben dieci anni, a partire dal lontano 1975.
Qualitativamente Loco è a metà strada tra la prosa immaginifica di Borges e l’eden stilistico di Corto Maltese, resta lì sospeso nel vuoto della sua precaria condizione umana. Sfruttato, mal pagato, al centro di pressioni di ogni tipo, si barcamena cercando di fare sempre del suo meglio, di offrire sempre la sua visione positiva, senza mai rinunciare al suo aspetto migliore, la bontà.


Il protagonista della storia, Hugo Chavez, detto Loco, soprannome che possiamo tradurre con matto, è un giornalista che vive a Buenos Aires e indaga, in chiave comica, sui drammi quotidiani delle persone. In più di un’occasione si caccia in situazioni imbarazzanti o paradossali. Il simpatico Loco è dotato di una buona cultura ed è sopratutto tifoso della squadra di calcio del Racing. Sarcastico, ironico, ambientato in un’ Argentina anni 80, paese colpito dalla recessione, possiamo tranquillamente definirlo un classico, sottovalutato, perché troppo vero per essere bello e troppo bello per essere compreso. In Loco Chavez si trova tutto, ma proprio tutto l’universo umano, dall’amore alla critica sociale, dalla battuta arguta a quella grossolana. Il cast dei comprimari è solido e ben strutturato. Si comincia da Malone, il migliore amico di Loco, pubblicitario con la passione per Lancan e la semiotica di Umberto Eco, in perenne psicanalisi, non riesce a stare con una donna per più di un giorno, Balderi, il direttore del giornale colpito dalla crisi di mezz’età, Homero, il pensionato che recita le poesie dei cantori del Barrio e propone la sua visione d’antan sulla vita.

“L’importante Chavez è che se hai qualcosa da dire devi dirla. Che tu sia poeta, scrittore, autore di fumetti o cineasta. E non conta quanti ti leggono, ma quello che dici.”

Loco Chavez potrebbe essere riassunto così, come il manuale perfetto per aspiranti e giovani scrittori. In un mondo dove l’omologazione è imperante, avere una propria voce è qualcosa di importante. E non a caso la citazione precedente viene messa in bocca ad uno dei più grandi scrittori argentini, fittizi. Hai le tue cose da dire, dille! Questo dovrebbe essere insegnato a tutti noi e non “dillo come lo dicono gli altri che è rassicurante” perché il teatro, l’arte, la cultura, la letteratura, tutto deve essere messo da parte in favore dell’entertainment. Anche Batman, ci avete fatto caso, viene ormai riprodotto in ogni sua forma e deviazione, accettato dai più, anche associato all’amore e pensare il cavaliere oscuro fece il esordio ammazzando un monaco, non proprio così, ma insomma, ci siamo capiti.
Loco è un giornalista di Buenos Aires, squattrinato, simpatico, dal cuore d’oro, sfortunato con le donne, le sue sono tutte bellissime ma tutte sempre pronte a lasciarlo per qualcosa di più stabile. Ricordavo anche la sua passione per il calcio, mica il Boca o il River, Loco è un gran tifoso del Racing Club de Avellenada.

Il Racing Club de Avellaneda ha la sua storica sede nella città di Avellaneda, provincia di Buon Aires. Fu fondata nel 1903 e nel suo palmares annovera 18 campionati argenti, 12 coppe nazionali, 7 titoli internazionali, una Libertadores, una Supercoppa Sudamericana, una Supercoppa Interamericana, due Coppa Aldao, una Copa de Honor Cousenier e una Coppa Intercontinentale. Viene considerata come una delle “cinque sorelle” del calcio argentino, insieme a Independiente, San Lorenzo, River Plate e Boca Junior. “La Academia”, questo il soprannome che si è conquistata sul campo, fa riferimento alla grande tradizione vincente della squadra (anche se ottenuti durante la cosiddetta “era amatoriale” del calcio argentino) in cui si identificano tifosi e giocatori. Molto accesa è la rivalità con l’ndenpendiente,: squadre che si sfidano nel Clásico de Avellaneda, dove i due stadi si trovano a una distanza in linea d’aria di poco più di 300 metri.

La maledizione del Racing e dei 7 gatti neri morti

Nel 1967 vinse la Coppa Libertadores e la Coppa Intercontinentale (contro il Celtic di Glasgow), diventando il primo club argentino a vincere la Coppa Intercontinentale. Evento che avrebbe dovuto portare a ben altra storia ma che segnò invece l’inizio della parabola discendente del club. Tra suggestione e superstizione, e con un pizzico di macabro, la colpa sarebbe tutta dei tifosi rivali dell’Independiente che, in seguito al trionfo del Racing contro gli scozzesi, avrebbero seppellito sotto il terreno di gioco del club bianco azzurro sette gatti neri morti. L’effetto maledizione convinse i dirigenti del Racing a cercare i resti dei poveri felini, rovesciando il campo di gioco come un calzino, ma i corpi non vennero mai trovati. C’è da aggiungere poi come scherzo del destino che il club tornò al successo per la prima volta nel 2001, nell’anno della peggiore crisi economica che mai investì l’Argentina, annullando ogni voglia di successi. Chissà come avrebbe commentato tutto ciò il buon Loco Chavez?

Ultima curiosità. Il club di Avellaneda, per uno strano scherzo del destino, è l’unica squadra argentina che ho visto giocare dal vivo. Correva l’anno 1989 e in vista dell’imminente mondiale delle future “notti magiche”, lo stadio San Paolo di Napoli fu soggetto a diversi lavori di ristrutturazione. Le amichevoli azzurre di quel pre-campionato si giocarono quindi al Partenio di Avellino. Una delle partite estive giocate nel capoluogo irpino fu proprio Napoli- Racing Club de Avellenada. “Due scudetti li abbiamo visti, siamo stati fortunati” mi disse mio padre, riferendosi alla storia azzurra contemporanea e non so, ora che ci penso, tra un filo del destino e l’altro, tra fumetti, maledizioni, passione, horror, incubi, sogni e amori, questa mi sembra proprio una battuta da Academia che starebbe benissimo lì, sotto i baffi del buon Loco dedicata al suo amato Racing.

Fabio Izzo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *